Home » Focusing e Mindfulness: un rapporto virtuoso

Focusing e Mindfulness: un rapporto virtuoso

(articolo rivisto e aggiornato il 31 luglio 2020)

Perché questo articolo e a chi è rivolto

1. Questo breve saggio sul virtuoso rapporto tra Focusing e Mindfulness è rivolto a chi pratica il Focusing e non conosce la Mindfulness, ma potrebbe certamente interessare anche chi pratica la Mindfulness e non conosce il Focusing.

Io pratico il Focusing da circa quindici anni e lo insegno da più di dieci. La Mindfulness l’ho incontrata circa tre decenni fa, e per quattordici anni ho seguito assiduamente i corsi di Meditazione di consapevolezza condotti da Corrado Pensa presso l’A.Me.Co, partecipando a numerosi ritiri con insegnanti monaci e laici di fama internazionale.

La pratica della Mindfulness mi ha permesso di comprendere rapidamente e profondamente la teoria e la pratica del Focusing; a sua volta, la pratica del Focusing mi ha naturalmente portato a sviluppare sensibilmente la pratica della Mindfulness.

2. In base alla mia esperienza penso che coloro che praticano il Focusing potrebbero ricevere sorprendenti benefici avvicinandosi alla Mindfulness, poiché, come mostrerò, chi focalizza esercita implicitamente le basi della Mindfulness, e pertanto potrebbe in breve tempo acquisire tale pratica quanto basta per poter assistere alle positive ricadute sulla propria esperienza di focalizzazione e sulla qualità della vita in generale.

Il discorso vale anche al contrario. Anzi: soprattutto chi pratica la Mindfulness può a mio parere facilmente comprendere il Focusing e apprezzarne i salutari effetti sulla qualità della propria vita e sull’esperienza di Mindfulness.

Naturalmente i  praticanti di Focusing o di Mindfulness possono essere soddisfatti della loro esperienza senza alcun bisogno di conoscere l’altra pratica. Direi che in fondo è solo una questione di opportunità e sensibilità. Io penso sia meglio sapere che esiste questo virtuoso rapporto tra Focusing e Mindfulness, piuttosto che non saperlo. Poi ognuno segue la propria via.

Hanno qualcosa in comune i processi di Focusing e di Mindfulness?

3. Coloro che conoscono abbastanza bene entrambe le pratiche (precondizione per poterne parlare), rilevano che c’è qualcosa in comune tra Focusing e Mindfulness, e per questo ne hanno anche scritto – i loro nomi e articoli saranno citati nei prossimi punti.

Focusing e Mindfulness sono pratiche e processi di consapevolezza diversi: per chi ne ha familiarità, questo è un fatto elementare. Io non ho mai letto nulla o incontrato qualcuno che confondesse le pratiche o accennasse anche solo minimamente all’ipotesi che i processi siano in fondo la stessa cosa. Ma è probabile che alcuni pensino (forse con timore o fastidio) che ciò possa avvenire o che addirittura già avvenga – è il caso per esempio di E. Traversa, uno psicoterapeuta australiano che ha scritto un articolo dall’eloquente titolo https://edwardtraversa.com/the-difference-between-mindfulness-and-focusing-and-why-it-matters/, il quale sembra soprattutto infastidito e preoccupato dal gran dilagare della Mindfulness come panacea per tutti i mali.

In ogni caso, parlare delle somiglianze di qualcosa rispetto a qualcos’altro porta a rimarcarne anche le differenze. Operazione utilissima questa, che comporta un rischio: come nella storiella dei monaci ciechi che incontrano un elefante, all’inizio ciascuno descrive l’animale basandosi sull’esperienza del contatto avuto, e poi, credendo sia quella LA verità, cerca di convincere gli altri della propria visione. Ma la ‘verità’, cioè il complesso corpo dell’esperienza, emerge con chiarezza e completezza proprio grazie all’inclusivo confronto-contrasto tra differenze e somiglianze.

4. Nel nostro caso, a proposito di (in)comprensione, è necessario riconoscere che procedure e processi non sono la stessa cosa. Non bisogna confondere il processo-esperienza di Focusing con i numerosi e diversi modi di praticarlo e di insegnarlo (non a caso ancor oggi riconosciuti e protetti per statuto dall’International Focusing Institute fondato quarant’anni fa da Gendlin e colleghi); e lo stesso vale per la Mindfulness, che è sia un atteggiamento interiore o stato o processo mentale, sia una pratica (che assume moltissime forme, di cui una è il famoso programma MBSR di J. Kabat-Zinn), e lo stato mentale non va confuso con i vari metodi tesi ad ottenerlo e svilupparlo – su questo segnalo un’intervista al prof. Graziano Graziani https://www.spiweb.it/ricerca/ricerca-empirica/graziani-g-2014-intervista-sulla-Mindfulness-pratica-di-meditazione-e-studi-empirici/, e un’articolata tesi di dottorato pubblicata su una rivista scientifica internazionale dal titolo Consapevolezza, Accettazione e Comprensione di Sé: associazioni con il Benessere Individuale e l‘apertura Prosociale, http://paduaresearch.cab.unipd.it/7685/1/Veneziani_Chiara_Annunciata_Tesi.pdf

Dunque, Focusing e Mindfulness sono termini che indicano sia un certo tipo di esperienza-processo mentale (qui con mentale intendo sempre l’unione di mente-corpo-ambiente fisico e sociale), sia le pratiche o metodi che mirano a realizzare tali processi.

5. Nei seguenti due punti riassumo ciò che hanno in comune i due processi (che è la cosa che m’interessa maggiormente perché è lì che colgo le virtuose risonanze) e ciò che li differenzia:

a) l’atteggiamento interiore di Presenza che viene coltivato mediante le pratiche di Mindfulness è lo stesso alla base del processo di Focusing: è la condizione ‘mentale’ necessaria affinché il Felt Sense possa anzitutto manifestarsi e poi aprirsi. Questa è la principale ragione che potrebbe motivare chi pratica il Focusing ad aprire una finestra sulla Mindfulness: le pratiche di Mindfulness coltivano e sviluppano al massimo grado la disposizione interiore o Presenza necessaria al processo di Focusing – e si sa quanto sia facile perdere la Presenza durante la focalizzazione;

b) se per un verso il processo di Focusing implica sempre l’atteggiamento interiore di Presenza della Mindfulness, anche senza avere la minima conoscenza di pratiche formali di Mindfulness, non vale però il contrario. Le pratiche di Mindfulness non implicano il processo completo di Focusing, poiché in quest’ultimo ci si orienta con sensibile intelligenza verso il particolare vissuto chiamato Felt Sense (e qui abbiamo una prima sostanziale differenza tra Focusing e Mindfulness, cioè la scelta dell’oggetto interiore su cui dirigere la speciale energia della Presenza), e poi ci si intrattiene con tale vissuto o con altri aspetti del processo esercitando l’energia della Presenza con modalità e anche finalità diverse (ed ecco la seconda importante differenza). Questa è la principale ragione che potrebbe motivare chi pratica la Mindfulness ad aprire una finestra sul Focusing: le pratiche di Focusing consentono alla Mindfulness di canalizzare la sua potente azione trasformatrice in ogni ambito di vita quotidiana, dai processi decisionali alla gestione nonviolenta dei conflitti, dai processi artistici e creativi a quelli alla base dell’apprendimento, dalla scienza, alla terapia, alla politica, ecc – e si sa che uno dei rischi maggiori delle pratiche meditative è il loro uso come ‘pacificanti’, per cui quando si pratica si ‘lasciano andare’ tensioni e problemi, ma quando si torna ‘alla realtà’ i nodi sono intatti.

Ora provo ad argomentare i due punti.

Somiglianze tra Focusing e Mindfulness

6. Nel Piano Strategico relativo alla mission dell’International Focusing Institute, abbiamo quella che si può considerare una sorta di definizione ‘ufficiale’ di Focusing:

“Focusing is a therapeutic and personal growth process developed by University of Chicago philosopher and psychologist, Eugene Gendlin. Focusing is set apart from other methods of inner awareness by a quality of engaged accepting attention, oriented toward accessing one’s “felt senses”—preverbal, bodily-experienced meanings. It involves holding a kind of open, non-judging attention to an internal knowing which is directly experienced but is not yet in words. …”

“Il Focusing è un processo terapeutico e di sviluppo personale elaborato da Eugene Gendlin, filosofo e psicologo presso l’Università di Chicago. Il Focusing si distingue da altri metodi di consapevolezza interiore per una qualità attiva e accogliente dell’attenzione orientata verso i propri ‘felt senses’ – significati preverbali esperiti a livello somatico. Ciò comporta il mantenere un tipo di attenzione aperta e non giudicante verso una conoscenza interiore direttamente sentita che ancora non ha parole. …”

In questa definizione (il neretto è mio) il Focusing è presentato come un metodo di consapevolezza interiore – inner awareness. Penso che nessuno che conosca il Focusing sia in disaccordo con questa affermazione: il Focusing è senza dubbio una pratica di ‘consapevolezza-awareness’ – ovviamente orientata al Felt Sense.

Ma che succede sei si presenta il Focusing come una pratica di ‘consapevolezza-mindfulness’ orientata al Felt Sense? Non è sostanzialmente la stessa cosa? In fondo awareness e mindfulness sono termini solitamente impiegati come sinonimi proprio da coloro che maggiormente conoscono la materia, ovvero gli insegnanti di meditazione di consapevolezza.

7. Come praticante di Vipassana ho avuto il piacere di incontrare diversi autorevoli insegnanti di meditazione, i quali, nei loro discorsi, alternavano tranquillamente awareness e mindfulness, tradotti rispettivamente con ‘consapevolezza’ e ‘presenza mentale’, intendendo sempre la stessa cosa. Un paio di esempi tra tanti:

Il nostro Mario Thanavaro, ex monaco buddhista, nel suo sito scrive “Grazie a recenti ricerche scientifiche nell’ambito delle neuroscienze, della medicina e della psicologia i benefici di una regolare pratica di meditazione di consapevolezza (detta anche presenza mentale o in inglese ‘mindfulness’) è comprovata.” – vedi https://www.mariothanavaro.it/benessere/

Thich Nhat Hanh, tra i maestri più conosciuti e amati in occidente, ha una palese preferenza per l’uso del termine Mindfulness-Presenza Mentale, come mostrano i titoli delle sue numerose pubblicazioni tradotte in italiano (vedi per esempio “Il miracolo della Presenza Mentale”, traduzione di Letizia Baglioni), dove mindfulness ed awareness si alternano in continuazione per indicare lo stesso tipo di atteggiamento interiore, anche se mindfulness appare in vari contesti del suo discorso come più specifico e appropriato rispetto al generico concetto di awareness.

E siccome questa differenza, seppure non sostanziale, tra awareness-consapevolezza e mindfulness-presenza mentale viene confermata da altri autori – vedi http://www.mindfulawarenessnj.com/ oppure http://www.mindproject.com/wp/mindfulness-intervista-a-b-alan-wallace/ – a me pare che sia più propriamente la consapevolezza-mindfulness a caratterizzare il processo di Focusing.

8. Torniamo al Focusing. Un’altra delle tante definizioni che Gendlin ci offre s’incontra a pag. 41 del suo libro Il Focusing in Psicoterapia (virgolette e parentesi sono nell’originale): Per focusing’ s’intende: dedicare tempo a qualcosa che si avverte fisicamente ma è indistinto (finché non si ‘mette a fuoco’)”; e poi a pag. 245 abbiamo un’importante precisazione (parentesi e corsivi, qui resi col neretto, sono nell’originale): “Un atteggiamento di calda accoglienza è indispensabile per elaborare qualunque parte di sé (non perché si dovrebbe vedere tutto in chiave positiva, ma perché altrimenti il felt sense non può aprirsi). Un sentimento di calore è di particolare importanza nel caso delle parti infantili.”

Dunque il Felt Sense, o qualunque altra ‘parte di sé’, si apre solo se si riescono a creare certe condizioni interiori; e il processo stesso della focalizzazione procede nella misura in cui si riescono a mantenere tali condizioni. Per tale ragione, in oltre mezzo secolo di esperienza e tanti studi clinici, il Focusing ha maturato un suo specifico e ricchissimo bagaglio di conoscenze che pongono al centro dell’attenzione tanto il Felt Sense, quanto l’atteggiamento o postura o disposizione interiore di Focusing.

La disposizione interiore di Focusing è chiamata da autori diversi in modi diversi, per esempio Sè-in-Presenza da Ann W. Cornell e Barbara McGavin, Self-Empathy da Robert Lee, Radicata Consapevole Presenza da David Rome, per citare alcune figure note in Italia. Gendlin invece non gli dà un nome, di solito preferisce connotare questo atteggiamento interiore con alcune qualità generiche (amichevole, di calda accoglienza, ecc), e quando vuole essere più preciso e ‘scientifico’ nel descriverlo richiama le qualità della Presenza che caratterizzano l’atteggiamento del terapeuta centrato sulla persona “Il Focusing comporta certi atteggiamenti verso il felt sense e i contenuti che ne derivano. Sono atteggiamenti relazionali, simili a quelli adottati nella terapia centrata sul cliente.” (FP pag. 335).

9. Osserviamo più da vicino la disposizione interiore di Focusing (che d’ora in avanti per semplicità chiamerò solo Presenza), la quale è non solo il cuore del nostro discorso, cioè l’intimo punto di contatto tra Focusing e Mindfulness, ma anche il fondamento stesso del processo di Focusing. La Presenza, che a seconda dei vari esperti di Focusing è caratterizzata da un atteggiamento di genuina apertura, curiosità, rispetto, amicizia, calda accoglienza, empatia, fiducia verso ‘qualcosa’ di somaticamente percepito, si fonda sulla capacità di “prestare attenzione in modo particolare: intenzionalmente, in maniera non giudicante, allo scorrere dell’esperienza nel presente momento dopo momento” (J. Kabat-Zinn, ‘Dovunque tu vada ci sei già. Una guida alla meditazione’ pag. 16).

Ebbene, quella che hai appena letto riassume la definizione di Mindfulness per come oggigiorno viene solitamente presentata in occidente, sia negli ambiti a vocazione scientifica (mi riferisco soprattutto al lavoro di Kabat-Zinn, vedi per esempio “Vivere momento per momento”, e a quello di Daniel Siegel, mirabilmente esposto in “Mappe per la mente”), che in quelli tradizionalmente ispirati agli insegnamenti del buddhismo (per esempio Thich Naht Hanh, Mario Thanavaro, Ajahn Sumedho, Joseph Goldstein, ecc, come puoi facilmente verificare navigando in rete).

Attenzione però: quella succinta definizione di Mindfulness non è completa, manca di un elemento essenziale, che di solito rimane implicito perché viene dato per scontato, e cioè che il non-giudizio abbia ‘un cuore caldo’. Una definizione completa di Mindfulness emerge, per esempio, nella succitata intervista al prof. Graziani (qui il neretto è mio): “Per Mindfulness s’intende un’attenzione volontaria, non giudicante e amorevole, rivolta all’esperienza presente. Le caratteristiche della Mindfulness sono, quindi, essenzialmente quattro. Innanzitutto è un’attenzione che richiede uno sforzo di volontà e quindi è significativamente diversa dalla tendenza automatica al vagare mentale o al rimuginare su problemi passati o futuri. In secondo luogo è un’attenzione alla dimensione del presente, senza che si cerchi di evocare o suscitare alcunché. La terza caratteristica è che si tratta di un’attenzione non giudicante. Infine, la quarta peculiarità di quest’attenzione volontaria va sotto il nome di Loving Kindness, ovvero di un’apertura calda ed accettante l’esperienza presente in modo da riuscire a stare anche con quelle esperienze ( come il dolore ) che prima erano sostanzialmente sgradite. Infine va segnalato, perché sovente fonte di ambiguità, che con il termine Mindfulness si intende sia una pratica meditativa specifica, sia una attitudine psicologica universale: un “tratto” introspettivo presente in ogni essere umano, contiguo a ciò che va oggi sotto il nome di “mentalizzazione”.

10. Dunque non-giudizio e calda accoglienza sono i fattori essenziali che ritroviamo sia nelle pratiche di Focusing (per rapportarsi al Felt Sense o a ‘qualcosa’ che interiormente viene direttamente sperimentato), sia nelle pratiche di Mindfulness (per rapportarsi ai diversi contenuti dell’esperienza, come il respiro, i suoni, le sensazioni fisiche o i pensieri, o ad alcuni aspetti di fondo dell’esperienza stessa, come l’impermanenza, l’assenza di un sé separato, ecc). Si potrebbe dire che tali fattori, oggi considerati precursori di diversi stati mentali salutari, da soli non bastino per realizzare il processo completo di Focusing, ma credo sia proprio impossibile sostenere due cose: a) che essi siano opzionali nel processo di Focusing; b) che siano un aspetto peculiare del processo di Focusing.

Ci siamo: quello che è peculiare del Focusing non è la Presenza, che è un insieme di qualità innate che tutti possediamo (come gentilezza, compassione, empatia, ecc), bensì il modo o metodo con cui la Presenza viene evocata, attivata, esercitata. Ed ecco appunto l’origine delle tante pratiche di Mindfulness, che provengono da una saggezza antica come le montagne, e più recentemente l’origine del Focusing, prima col Metodo dei Sei Passi inventato da Gendlin, e poi con la grande varietà di stili, approcci, scuole di Focusing che nel tempo sono fioriti e stanno fiorendo, come Wholebody Focusing di Kavin Mc Evenue, Inner Relationship Focusing di Ann Weiser e Barbara Mc Gavin, Mindful-Focusing di David Rome, Focusing Domain di Robert Lee, ecc – per una panoramica mondiale del Focusing, sempre in aggiornamento, vedi https://focusing.org/more/world-focusing

11. Infine, a proposito di somiglianze, per me il cosiddetto primo passo di Focusing è un modo molto particolare e originale di praticare la Mindfulness. Anche David Rome, che è un maestro di entrambe le discipline, accosta il primo passo alle pratiche di meditazione di consapevolezza-mindfulness (vedi https://tricycle.org/magazine/focusing-and-meditating/). Infatti il primo passo non realizza un processo completo di Focusing, è appunto solo il primo fondamentale e propedeutico passo per avviare tale processo (il passo che serve per connettersi al Sé-in-Presenza, come dicono Ann e Barbara, o per Consapevolmente Radicarsi alla Presenza, come scrive David Rome, o per entrare nello stato di Presenza Mentale-Mindfulness come dico io in alcune circostanze). E qui i conti (mi) tornano perché quanto sia prioritario ed importante il primo passo ai fini del processo di Focusing è confermato dal fatto che Gendlin lo ponga all’inizio del Metodo dei Sei Passi e che al pari del Felt Sense gli dedichi un capitolo intero del suo manuale.

Non solo: al pari di uno degli usi clinici più studiati dell’applicazione della Mindfulness, cioè il programma MBSR di Kabat-Zinn (Mindfulness Based Stress Reduction), è stata elaborata una versione speciale del primo passo di Focusing chiamata CAS (Clearing a Space) per la gestione dello stress. In proposito, oltre al classico articolo di Gendlin The first step of focusing provides a superior stress-reduction method segnalo i contributi di Joan Klagsbrun https://www.focusing.org/folio/Vol21No12008/18_FindingSanctuTRIB.pdf e di Joan Klagsbrun e altri https://www.focusing.org/medicine/effect-of-clearing-a-space.pdf dove sono riportate per intero alcune procedure CAS, nonché la più ampia e aggiornata ricerca sulle applicazioni cliniche di tali procedure curata da Doralee Katonah Grindler http://www.focusing.org/folio/Vol23No12012/11_Katonah_FocusingResearch.pdf . Tutti questi studi, assieme a quello non meno importante di Marine de Fréminville’ su Background Feeling https://www.focusing.org/folio/Vol21No12008/02_TheImplicitTRIB.pdf, costituiscono buona parte parte delle basi teoriche dei corsi che abbiamo realizzato presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Sant’Andrea di Roma, dal titolo “L’ascolto empatico di sé attraverso il Focusing per imparare a fronteggiare lo stress”. Infine, sull’argomento segnalo con molto piacere il recente contributo della nostra Maria Teresa Belgenio, uno studio ricco di riferimenti bibliografici dal titolo “Mettere giù e Fare Spazio: rilasciare la tensione da corpo e mente insieme”.

La Mindfulness nel mondo del Focusing

12. Gendlin, per quanto ne so (avendo letto tutto quello che è stato tradotto e continuando a leggere quello che ancora non lo è stato) non usa la parola Mindfulness nei suoi scritti. Il fatto mi incuriosisce e mi riprometto di approfondirne le ragioni (e se tu che leggi sapessi qualcosa, sai come trovarmi).

13. Ann Weiser Cornell e Barbara McGavin, nel loro approccio Inner Relationship Focusing, affermano che la ‘Presenza’ è uno ‘stato dell’essere’. Ho notato che anche loro nei tanti scritti non impiegano il termine Mindfulness; tuttavia, in alcune note, raccomandano esplicitamente la pratica della Mindfulness per coltivare il Sé-in-Presenza, il fattore che considerano primario del processo di Focusing (vedi http://www.focusing.org/folio/Vol21No12008/03_InnerRelatTRIB.pdf), avendo peraltro sperimentato su di loro, come scrivono, i “limiti del Focusing tradizionale” (vedi Treasure Maps to the soul, https://www.focusing.org/folio/Vol21No12008/05_TreasureMapsTRIB.pdf).

Riguardo alla loro terminologia, a me sembra che lo ‘stato dell’essere’ cui si riferiscono implichi necessariamente lo stato mentale Mindfulness. Anzi, direi che in linea teorica non c’è differenza tra stato mentale e stato dell’essere (‘mente’, ‘essere’, termini dai margini evanescenti) perché le caratteristiche prese come segni dello stato dell’essere ‘Sè-in-Presenza’ e quelle prese come segni dello ‘stato mentale Mindfulness-Presenza Mentale’ sono assai simili o assai differenti a seconda degli autori che studiano il fenomeno (in proposito, oltre all’articolo di Astrid Schillings, psicoterapeuta e Focusing Coordinator tedesca, rimando ancora all’intervista a Graziano Graziani e alla tesi di dottorato di Chiara Veneziani).

14. Robert Lee, nel suo articolato approccio Domain Focusing, https://focusingnow.com/domain-focusing-resources/ usa il concetto di Self-Empathy per descrivere l’atteggiamento interiore su cui si fonda il processo di Focusing. Per me, si sarà capito, Self-in-Presence e Self-empathy sono sinonimi dell’atteggiamento Mindfulness. In effetti anche io uso spesso il concetto di Self-Empathy per presentare il Focusing, perché lo trovo di più facile comprensione rispetto ad altri, anche se l’ascolto empatico di sé l’ho appreso decenni fa incontrando lo splendido lavoro di Marshall Rosenberg sulla CNV. Tra i suoi vari articoli (purtroppo c’è ancora pochissimo di tradotto di questo autore che ha una metodologia molto curata e alquanto originale) qui segnalo https://focusingnow.com/wpcontent/uploads/2016/05/Essential_Role_of_Self_Empathy.pdf un testo che trovo teoricamente interessantissimo e ricco di spunti per la pratica e l’insegnamento del Focusing e dell’Ascolto Esperienziale. Anche lui nei suoi scritti, per quanto ne so, non adopera il termine Mindfulness.

15. Anche Rob Foxcroft, autore di spicco della British Focusing Association, fonda il ‘suo’ Focusing sull’empatia, che considera l’essenza della nostra umanità – vedi suo sito. Nel suo approccio, poetico e attentissimo a non strutturare troppo la relazione con l’altro, troviamo il concetto di “meditative listening”, che fa capire quanto sia vicino alle pratiche meditative di consapevolezza per coltivare lo stato interiore dal quale ascoltare sé stessi e gli altri. Stranamente però, in quel po’ di suo che ho letto, la parola Mindfulness non si trova.

16. Concludo con una parziale rassegna di esperti di Focusing che mostrano interesse verso la Mindfulness:

David Rome, figura nota ai focusers italiani, incrocia esplicitamente Mindfulness e Focusing. Il suo libro “La risposta è nel corpo (è il quarto autore dopo Eugene Gendlin, Ann W. Cornell e Peter Campbell e Edwin McMahon ad essere stato pubblicato in Italia), è scritto molto bene e mostra una profonda conoscenza delle due materie. Il suo approccio, Mindful-Focusing, il cui nome dice tutto, consiste in tecniche contemplative che uniscono pratiche di consapevolezza buddhista e metodologia Focusing – il suo sito è https://www.mindfulfocusing.com

Gordon Adam, direttore della newsletter della British Focusing Association (BFA), associazione il cui prestigio è secondo solo a The International Focusing Institute (TIFI), con esperienza di meditazione di consapevolezza, in un articolo per la Bristol Insight Meditation newsletter ha scritto “Focusing could be described as ‘body mindfulness with a partner’ ” https://www.bristolmeditation.org.uk/about-us/how-we-are-organised/contributions-from-our-sangha/resources/our-newsletter A parte questa interessante citazione, nella quale Adam ci tiene ad accentuare la qualità corporea della Mindfulness e soprattutto vuole esplicitare la cruciale dimensione relazionale del Focusing in quanto pratica di body mindfulness con un partner, qui segnalo un suo ottimo articolo che confronta da un punto di vista esperienziale Focusing e Insight Meditation – lo si può scaricare dal sito ufficiale BFA http://www.focusing.org.uk/

Peter Gill (in passato col nome di Manjudeva), altro membro certificatore della BFA con lunga esperienza di pratiche meditative, nel 2013 ha pubblicato un articolo sulle somiglianze e soprattutto sulle principali differenze tra Focusing e Meditazione https://www.livingfocusing.co.uk/articles.html

Salvador Moreno-Lopez, psicoterapeuta e Focusing Coordinator TIFI, ha scritto Focusing, Mindfulness, and mindfulness-based cognitive therapy. Three Ways Toward Wellbeing in Everyday Lifee http://www.focusing.org/folio/Vol25No12014/SalvadorMoreno-Lopez_2014.pdf

Akira Ikemi, psicoterapeuta e professore universitario in Giappone, nonché Focusing Coordinator TIFI, è autore di Space Presencing: a potpourri of Focusing, Clearing A Space, Mindfulness and Spirituality http://www.focusing.org/folio/Vol26No12015/00_FOLIO2015_All.pdf

Laury Rappaport, psicoterapeuta e Focusing Coordinator TIFI, ha esposto il suo lavoro nell’articolo Integrating Focusing with the Expressive Arts Therapies and Mindfulness http://previous.focusing.org/folio/Vol25No12014/00_TheFolioFULL_2014.pdf

Conclusioni

Dovrebbe essere ora più comprensibile perché per me il Focusing possa essere anche correttamente definito come una speciale pratica di Mindfulness orientata al Felt Sense.

Questa definizione, che connette così strettamente Focusing e Mindfulness, rischia di provocare confusione? Potrebbe fuorviare la comprensione o sminuire la bellezza, originalità, importanza della perla di saggezza nata poco più di cinquant’anni fa che è il Focusing? Per me no assolutamente no, se si sa dove e quando (non) utilizzare questo modo di presentare il focusing. Io impiego anche questa definizione nei contesti in cui c’è una certa conoscenza o della Mindfulness o del Focusing: in tali casi sono convinto che accostare i due processi e le pratiche che li sostanziano sia complessivamente foriero più di vantaggi (specialmente per il Focusing) che di svantaggi. In altre situazioni e con coloro che non sanno nulla o poco dell’una o dell’altra pratica, la evito e ricorro ad altre definizioni – vedi per esempio come pubblicamente presento il Focusing nel mio sito web.

Vi sono naturalmente tanti diversi punti di vista sul fenomeno Focusing – su cos’è, come si pratica, come si insegna. A me piace giocare con le definizioni, provocarmi e provocare amichevolmente mediante esse, perché anche le definizioni sono il frutto di simbolizzazioni complesse del Felt Sense, quindi indispensabili punteggiature di un processo conoscitivo sempre in corso. E questo è il punto in cui oggi io mi trovo e dal quale muovo per portare avanti pratica, studio ed insegnamento del Focusing, una saggezza che abbraccia e nutre tutta la mia vita.

Home » Focusing e Mindfulness: un rapporto virtuoso