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Inside/Out: interno ed esterno, due dimensioni dell’esistenza cui ci riferiamo costantemente, che diamo per scontate. Ma esistono davvero? Dove finisce l’una e dove inizia l’altra? Dove si trova il punto di contatto tra le due, la soglia, margine, confine che le separa ed unisce? Sembra un bel koan…

Nella figura del Tao trovo una risposta all’altezza della questione, che mi prende e affascina: nel ventre di ciascuna delle due parti vive già l’altra, e dalla loro unione si genera la forma-unità che contiene le parti stesse portandole in grembo come fosse una coppia di gemelli di sesso diverso. Il simbolo esprime perfettamente l’equilibrio dinamico degli opposti, e il suo moto circolare proiettato su uno schermo (di questo sono debitore a Fritjof Capra) produce un’oscillazione, vibrazione, onda che sa di infinito…

Noi siamo Inside/Out

Inside/Out è una similitudine abbastanza buona per indicare il dentro e il fuori di una casa, ma se considero il corpo la ‘mia’ casa, la ‘mia’ mente, dove si trova? È ‘dentro’ come lo sono il cuore o il cervello?

Thich Naht Hanh, che tanto mi ha ispirato, scrive “Il sole, il mio cuore”; Eugene Gendlin, oggi assai presente nelle mie riflessioni, afferma che noi non siamo (solo) ‘in’ interazione con l’ambiente, noi ‘siamo’ quell’interazione. Sì, noi abitiamo al contempo il mondo esterno e quello interno; quando facciamo un passo in una direzione, ci muoviamo anche nell’altra… Noi siamo lo spazio e ciò che lo abita… Noi siamo Inside/Out…

L’approccio Inside/Out

L’unità dinamica Inside/Out che qui m’interessa porre al centro dell’attenzione, riguarda l’essere umano e le tante, possibili forme della relazione cui può dar vita (coppia, famiglia, gruppi formali e informali, organizzazioni, ecc). Quindi, prendendo l’individuo come sistema di riferimento, possiamo convenire che tutto quello che prende forma al suo interno (cellule, organi, pensieri, sensazioni, ecc) appartiene alla dimensione Inside, mentre le varie forme della relazione, cui dà (la) vita anche col suo semplice esserci, rientrano nella dimensione complementare.

Per orientarmi con sensibilità nella dimensione Inside io uso come mappa soprattutto il Focusing, una pratica di consapevolezza a base corporea che trovi illustrata nell’area dedicata.

La mappa che invece impiego per muovermi efficacemente nella dimensione Out è la Metodologia del Consenso, un insieme di saperi che abbraccia la facilitazione dei processi decisionali, la comunicazione nonviolenta e la gestione costruttiva dei conflitti.

L’approccio Inside/Out consiste nell’incrociare le due mappe, e quindi adoperare il Focusing come chiave di lettura per comprendere e gestire anche le dinamiche dei rapporti interpersonali e dei gruppi (come dentro, così fuori), e i saperi raccolti nella Metodologia del Consenso come chiave di lettura per comprendere e gestire anche il rapporto con sé stessi (come fuori, così dentro).

Scenari Inside/Out

Una coppia discute su come organizzare un viaggio e i partner esprimono idee diverse e contrastanti

Un gruppo vuole investire i fondi raccolti e nel dibattito si manifestano orientamenti differenti e in opposizione

Ora immagina te: ricevi un invito a cena che senti importante o doveroso accettare, eppure la sola idea di andare ti butta giù o ti turba. In questo caso potremmo dire che è come se una parte di te avesse buone ragioni per accettare l’invito, mentre un’altra parte di te avesse buoni motivi per rifiutarlo. A volte il contrasto interno è talmente stridente che sembriamo un condominio popolato da inquilini con culture, caratteri, sensibilità, età, bisogni, valori diversissimi…

Ebbene, che cosa accomuna gli scenari? Le parti in gioco (i partner, i membri del gruppo, le ‘parti’ di un individuo), in quanto diverse tra loro sono naturalmente portatrici di punti di vista più o meno diversi su quali siano le cause dei problemi e quali le soluzioni, pertanto ciò che accomuna gli scenari è il processo decisionale che prende vita nell’incontro e il conflitto che potenzialmente (non necessariamente) esso implica.

Infatti dalla discussione (confronto, dialogo, dibattito, scambio, ecc) che impegnerà le parti per dieci minuti o dieci ore, alla fine emergerà inevitabilmente, fattualmente una decisione, ma non è detto che su quella decisione vi sarà accordo. Sì, perché presentata una proposta o sollevata una questione, non decidere è semplicemente impossibile, mentre non essere d’accordo è possibile, eccome! (Della differenza tra decisione e accordo, e del fatto che sollevata una questione sia praticamente impossibile non decidere relativamente ad essa, parlo in queste pagine).

Di fronte alla continua presa di decisioni che il vivere comporta (se sei arrivata/o sin qui è perché più o meno consapevolmente l’hai scelto, ed è una decisione che rinnoverai attimo dopo attimo finché non sceglierai di fare altro), e soprattutto di fronte al conflitto che nonostante le migliori intenzioni (o forse proprio a cause di queste) si manifesta dentro e fuori di noi, mi domando: abbiamo il potere di favorire l’evoluzione sana, ecologica, nonviolenta dei processi decisionali e del conflitto che sovente li anima? E se sì, come?

Facilitare i processi attraverso la ‘modalità Focusing’

Il processo decisionale implica la continua negoziazione (spesso tendente all’imposizione) dei significati che le parti attribuiscono a ciò che chiamano realtà. In questo processo di decostruzione e ricostruzione del senso entra in campo, con tutto il suo peso, la dimensione emozionale. Quando questa è caratterizzata da un certo di tipo di energie, di vibrazioni (cui viene dato il nome, per esempio, di rabbia, paura, rancore, senso di impotenza o di colpa, vergogna, frustrazione, ecc), abbiamo l’insorgenza del conflitto – cioè un problema diventa un conflitto.

La gestione sana del conflitto (o positiva, costruttiva, ecologica, nonviolenta, sono termini che qui uso come sinonimi) è una cosa molto più difficile della gestione dei problemi. Se avessimo a che fare solo con i problemi la vita sarebbe quasi un paradiso, invece a tutti i livelli Inside/Out abbiamo quotidianamente a che fare con conflitti, spesso drammatici dilemmi. Perciò è tanto importante, ai fini della pace, della libertà e della giustizia sociale, e della salute, del benessere e della realizzazione di sé, il ‘tema’ gestione costruttiva dei conflitti. E in tal senso il Focusing è un’efficacissima pratica di trasformazione positiva dei conflitti.

Durante la focalizzazione si esercita una particolare forma o modalità di comunicazione con le parti di sè in gioco, ed è esattamente questa forma di comunicazione con sé stessi, chiamata appunto ‘modalità Focusing’, ciò che facilita l’evoluzione sana, ecologica dei processi decisionali e la trasformazione nonviolenta dei conflitti Inside/Out.

La modalità Focusing si fonda essenzialmente sulla fiducia nel processo stesso, un processo intrinsecamente creativo che non va ostacolato forzandolo verso mete prestabilite, come dipinge ad arte Murakami nel suo racconto.

Nelle pagine di questa sezione del sito puoi farti un’idea di che cos’è (per me) la facilitazione della comunicazione e di cosa vuol dire facilitare un processo decisionale Inside/Out, mentre per sperimentare direttamente la modalità Focusing ti invito a provare una sessione guidata di Focusing.

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